Speranza a Minsk

Le domande da fare a Washington

Abbiamo ancora una tenue speranza, mercoledì prossimo a Minsk, di evitare quella guerra per l’Ucraina che l’occidente non fece neppure nel 1918. Germania, la Francia e l’Italia, vorrebbero risparmiarsi un conflitto ad est e forse con più ragioni di quante ce ne potessero essere allora. Servirebbe però una maggiore coesione di quella dimostrata finora dove Merkel e Hollande trattano con Putin, i ministri degli esteri si incontrano fra loro, Mogherini si eclissa, Merkel incontra Obama. Se si procede in ordine sparso finisce che lo scontro fra Russia ed America diverrà inevitabile. Poroshenko può mostrare tutti i passaporti russi che vuole. Nessuno ha un dubbio che truppe russe abbiano violato i confini dell’Ucraina, piuttosto bisogna capire che di russi in Ucraina ce ne sono fino a sfiorare il 50 per cento della popolazione, e questo quasi 50% della popolazione aveva vinto le ultime elezioni nazionali, fino al giorno in cui a Kiev è scoppiata la rivolta di piazza. Perché mai, se a Kiev esplode una rivolta popolare contro il governo filo russo, non può accadere che ci si ribelli in Crimea? Forse che il segretario di Stato Kerry o il ministro degli esteri britannico Hammond pensano, nel caso fossero loro a promuovere un referendum in quella Regione, che l’esito sarebbe diverso? La Crimea è stata russa per secoli, la donò Crusciov all’Ucraina a modo di riparazione, sacrificando migliaia dei suoi abitanti. Ora, è giusto chiedere ai russi semplicemente di “rispettare le leggi internazionali”, ma il governo di Kiev, offre sufficienti garanzie a tutela della popolazione russa in Ucraina, che non è proprio una minoranza? Questo è il problema che non ci sembra adeguatamente considerato dal governo statunitense e da quello britannico. Eppure i russi ucraini hanno anche loro dei diritti e non possono considerarsi semplicemente bestie da condurre al macello. Il ministro italiano Gentiloni ritiene l’invio di armi a Kiev “un grave errore”, e anche qui vorremmo capire se questa posizione è comune a quella francese e tedesca a freno della disponibilità anglo americana ad armare invece il governo ucraino. Di sicuro nelle attuali condizioni, i russi non molleranno la presa, anzi. Se si aumenta il potenziale militare di Kiev, Mosca aumenterà il suo fino all’espansione del conflitto. Per evitare uno scenario del genere sarebbe meglio trattare una divisione consensuale dell’Ucraina come è avvenuto con l’Ossezia. Probabilmente qualcuno pensa che si possa più facilmente umiliare Mosca. La Russia ha fatto per troppo tempo il bello ed il brutto in quell’area e si merita una sonora legnata. In questo caso prepariamoci alla guerra, altrimenti speriamo che Angela Merkel ed Hollande sappiano ottenere dei risultati utili. Vi sarebbe anche una questione di priorità da definire: la Giordania è intervenuta per combattere l’Isis e garantire la sua sicurezza, ben oltre la semplice missione degli alleati in quell’area. Conviene all’America combattere 14 anni, come prevede l’amministrazione della Casa Bianca, una guerra in medio oriente ed essere coinvolta contemporaneamente in un’altra ad est con la Russia? E questa per quanto tempo dovrebbe durare? Queste le domande da cui vorremmo delle risposte convincenti da Washington.

Roma, 10 febbraio 2015